Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La storia dell'arte

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Pinelli, Antonio 29 occorrenze

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che nasceva da un’attenta osservazione della realtà nelle sue mutevoli parvenze e quella che invece amava inoltrarsi negli incantati territori della

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Questo gusto per il dettaglio realistico e per la saporita descrizione di attività quotidiane non lo si ritrova, però, esclusivamente negli ambienti

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Analoghe divagazioni aneddotiche comparivano anche negli affreschi dei fratelli Salimbeni, e le si può ritrovare anche in seguito a Firenze, ad

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Negli sproni esterni della sua pala, Gentile ha invece ricavato degli spazi in cui ha dipinto una serie di fiori (fig. 87), che hanno certamente un

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completare il lavoro (ma Masaccio non lo portò a definitivo compimento, tanto che gli affreschi furono completati solo negli anni Ottanta da Filippino

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immaginarie. L'autore di questo pinto è Hans Clemer, un pittore originario della Francia settentrionale, ma attivo negli anni a cavallo tra Quattro e

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in tutta Europa, specie negli interni delle ville.

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Non molto distante da Mantova, a Parma, più o meno negli stessi anni in cui Giulio Romano eseguiva il suo capolavoro in Palazzo Te, Correggio

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», furono di fatto abbandonate negli altri generi artistici, o meglio, furono allentate con opportuni «aggiustamenti» di carattere empirico.

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, ricomponevano a distanza, negli occhi degli spettatori, un’immagine unitaria. Solo nei contesti più modesti le quinte a «mezzo rilievo» erano

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collocata nell’Alta valle del Tevere, Piero si formò nella Firenze negli anni Trenta, collaborando con Domenico Veneziano. Ben presto Piero si emancipò

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Negli anni in cui Piero dipinse la tavoletta di Urbino il problema della riconquista della Terra Santa era effettivamente molto sentito in Italia e

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interessante prendere in considerazione il fatto che negli affreschi orvietani l’équipe dell’Angelico ha anche riciclato cartoni già utilizzati in altre

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grado di distinguere ogni singola testa dipinta negli esagoni e di apprezzarne la posa, la qualità e i dettagli. In altre parole, le testine non furono

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fosse varia l’iconografia e la qualità esecutiva delle testine dipinte negli esagoni, ma anche di quanto fosse interessante ciò che si era verificato a

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Ma la qualità figurativa delle teste dipinte negli esagoni di Orvieto subisce una brusca impennata verso l’alto, come abbiamo anticipato, in una

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elevatissima qualità all’Angelico, cui attribuisce anche le testine più belle dipinte negli esagoni orvietani. Parlando recentemente con De Marchi, mi è parso

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presente negli esagoni di Orvieto, ipotizzando che il grande pittore francese Jean Fouquet, presente sicuramente a Roma negli anni Quaranta, quando

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carta lasciata bianca, tre figure (tav. 6b) che ritroviamo negli affreschi di Angelico e Benozzo nella Cappella Niccolina in Vaticano. Dietro il «ragazzo

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La rivoluzione pittorica operata dal Caravaggio negli anni a cavallo tra XVI e XVII secolo investe anche la questione del tradurre in termini

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proietta in avanti il corpo del guerriero, l’orrore che gli si legge negli occhi, l’impeto con cui protende il braccio afferrando la testa di Medusa

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recarsi ad osservare direttamente, negli edifici e nelle raccolte più disparate, le opere d’arte che formavano l’oggetto dei suoi studi.

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, la concentrata tensione dell’atto creativo ed il riflesso dell’ammirata reverenza che suscitava, negli altri componenti del gruppo, quel suo

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apprezzato soprattutto negli ambienti culturali più spregiudicati e all’avanguardia, ma non godeva dell’indiscussa fama universale da cui era circondato

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biblici. La serie fu dipinta dall’artista negli ultimi anni della sua vita, tra il 1660 e il 1664, per il duca di Richelieu, nipote del potente

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quei canoni di razionalità, equilibrio, armonia e sobrietà che il Settecento vedeva incarnato negli ideali del classicismo. Oggi per noi il termine

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Pietro. (fig. 55) si muovono in direzione opposta, incanalando la tumultuosa foga barocca negli argini di un classicismo sobrio, composto e razionale

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Gli evidenti limiti di tali definizioni hanno innescato e periodicamente alimentano tra gli storici dell’arte (come del resto anche negli altri

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buone ragioni per cui Giovanni Urbani, che diresse l’istituto Centrale del Restauro negli anni Ottanta, indicò la strada della prevenzione e della

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